L'ansia: caratteristica personale? nemica o segnalatore utile del nostro benessere psicofisico?

Nel nostro Paese, in questi ultimi decenni l'ansia è diventata sempre più comune. Recenti ricerche mediche hanno stimato che il sintomo sia presente circa nel 18% della popolazione. Ma il dato ancora più allarmante è che solo una parte minoritaria di persone ansiose si rivolge a una qualche forma di assistenza sanitaria. In base alla mia esperienza clinica, una delle possibili spiegazioni è il preconcetto secondo cui l'ansia sarebbe una caratteristica intrinseca della personalità, qualcosa di strutturato nel temperamento dell'individuo. Le persone spesso crescono con, e per tantissimi anni si portano dietro l'idea errata che l'ansia sia questo, qualcosa di sbagliato con cui siamo nati. Solitamente, la persona si rivolge a me solo se l'ansia supera una determinata soglia oltre la quale diventa disfunzionale e, per questo motivo, invalidante. Una delle premesse che invece spesso faccio ai miei pazienti è dire che un giorno ringrazieranno questo sintomo che li ha spinti a bussare alla mia porta. Quel disagio rappresenterà, nel tempo, il segnalatore utile per misurare il grado della loro qualità di vita. Ma procediamo con ordine e partiamo dalla più comune definizione dell'ansia. 

 

Con il termine ansia si definisce uno stato psicofisico di tensione emotiva. Generalmente si hanno sensazioni sgradevoli associate a paura, incertezza, timore che stia per accadere qualcosa di negativo e pericoloso per la propria vita o nei confronti dei nostri affetti più cari. Queste sensazioni si associano a modificazioni biologiche, con il coinvolgimento di sistemi neuronali, neuroendrocrini e immunitari. Di questi, quelli più spesso riportato sono i sintomi neurovegetativi: aumento del battito cardiaco, sudorazione, tensione muscolare, tremori, apnea, aumento della pressione arteriosa, disturbi gastrointestinali, genitourinari e altro ancora. In quanto tale, l'ansia va distinta dalla paura. La principale differenza  risiede nel fatto che quest'ultima si manifesta di fronte a una minaccia reale, mentre la prima è uno stato che si può elicitare anche solo attraverso l'immaginazione, oppure anche senza un apparente motivo cosciente.

 

Ma perché proviamo ansia? L'ansa è una risposta fisiologica, anticipatoria e istintuale, che ci aiuta ad aumentare l'attenzione. In quanto tale, dunque, l'anzia ha la funzione di aumentare il livello di vigilanza, favorendo un miglioramento delle nostre prestazioni. Tuttavia, se l'ansia continua a crescere e non viene mantenuta dentro una certa gamma, può divenire disfunzionale fino a inficiare la prestazione sia nell'ambito concettuale (se per esempio dobbiamo superare un esame all'università), sia nelle prestazioni sportive che coinvolgono il corpo e in generale in qualunque compito che abbia un coinvolgimento motorio (ad esempio ballare, o suonare uno strumento musicale). Si comprende, quindi, che prima di tutto l'ansia può essere considerata una risposta, tipicamente umana, che abbiamo ereditato per preservare la specie e garantirne la sopravvivenza. Già quest'affermazione dovrebbe consolarci perché come anticipato, l'ansia nasce come termometro neurofisiologico e ci segnala che qualcosa dentro di noi, o nell'ambiente, o in entrambi, sta sottoponendoci a uno sforzo "eccessivo" e dispendioso. Occorre dunque esserne consapevoli e farsi aiutare da un esperto per comprendere l'origine del malessere che si manifesta con l'ansia. Difatti, l'ansia di per sé non è una patologia della personalità, ma un quadro sintomatologico che serve per risolvere problematiche ben strutturate nella nostra psiche. DI conseguenza conoscere meglio questo fenomeno ci aiuterà a prendere coscienza che dentro di noi è necessario "fare ordine" e affrontare i nostri fantasmi, con l'aiuto di uno o una psicoterapeuta. 

 

Detto questo, è vero che l'ansia può divenire il sintomo predominante nel quadro clinico di una persona, in molte forme diverse. Ad esempio, il manuale diagnostico psichiatrico DSM-5 ha classificato i seguenti disturbi d'ansia:

  • Disturbo d'ansia da separazione
  • Mutismo selettivo
  • Fobia specifica
  • Disturbo d'ansia sociale
  • Disturbo di panico
  • Agorafobia
  • Disturbo d'ansia generalizzata
  • Disturbo d'ansia dovuto a condizioni mediche
  • Disturbo d'ansia indotto da sostanze.

Inoltre, possono essere presenti stati ansiosi anche nel disturbo ossessivo-compulsivo e nel disturbo da stress post-traumatico (il post-traumatic stress disorder, o PTSD). Questi ultimi sono tuttavia classificati nel DSM-5 come categorie più specifiche, che richiedono una spiegazione più complessa e trattamenti psicoterapeutici adeguati. 

 

Sia l'ansia sia la paura hanno ben precise basi neurofisiologiche, che sono oggi ben comprese. Da un punto di vista neuroanatomico le aree coinvolte hanno sede in alcune aree sottocorticali, l'amigdala, l'ippocampo e il talamo (definiti come sistema limbico) oltre che in aree corticali in particolare nei lobi prefrontali. Queste aree reagiscono in modo differente da soggetto a soggetto, cioè si è scoperto che vi è anche un aspetto genetico che determina una certa vulnerabilità individuale. Ma quest'affermazione non deve intendesti come deterministica.Per fortuna siamo una specie fortemente adattabile, e  possiamo imparare a conoscere le nostre reazioni e modularle adeguatamente all'ambiente. La maggior parte delle informazioni relative agli eventi che inducono ansia e paura vengono prima elaborate nella corteccia sensoriale e nelle aree associative, per essere trasferite alle strutture sottocorticali coinvolte nelle risposte emotive, comportamentali e somatiche. L'amigdala è la principale area coinvolta nell'elaborazione della paura e dell'ansia. Essa riceve dal talamo anche informazioni non elaborate (NON CAPISCO, COSA VUOL DIRE INFORMAZIONI NON ELABORATE???) e rappresenta l'epicentro degli eventi coinvolti nella modulazione degli stati d'ansia, sia nell'animale sia nell'uomo. Sia in presenza di stimoli provenienti dal nostro corpo, sia di stimoli provenienti dall'ambiente, si possono attivare numerose connessioni reciproche fra le strutture corticali e limbiche implicate nella risposta emozionale, cognitiva, ed endocrina allo stress. Queste, a loro volta, consentono la messa in atto di comportamenti di reazione al pericolo, dipendenti da molteplici variabili quali le caratteristiche biologiche dell'individuo, le esperienze pregresse e la situazione emozionale.

 

Nello specifico, nelle nostre risposte all'ansia si realizza l'invio di informazioni neuronali, in particolare dall'ipotalamo, al sistema nervoso simpatico producendo un aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, della sudorazione e della dilatazione delle pupille. Queste reazioni a loro volta attivano il sistema parasimpatico (in particolare il nervo vago, provocando sintomi viscerali come disturbi gastrointestinali e genitourinari. Infine, il il sistema nervoso centrale (SNC) può anche influenzare il sistema immunitario, al punto che uno stato prolungato di iper-vigilanza (descritta anche dai medici come immuno-sorveglianza in determinate condizioni di esposizione a stress intenso e protratto) può determinare una malattia organica.

 

Comprendere quali siano le basi biologiche di paura, ansia e dei disturbi correlati può però esser utile a ognuno di noi, al fine di non sentirsi persone "diverse" dalle altre, o peggio ancora individui nati così e costretti a convivere con queste continue alterazioni delle risposte neurovegetative. Al contrario, il mio auspicio è quello che dopo la lettura di quest'articolo, ci si senta rincuorati e pronti a rivolgersi a un professionista per migliorare il proprio benessere psicofisico e prevenire l'insorgenza di malattie "psicosomatiche" e autoimmuni.  

Esistono tanti approcci legati alla cura dell'ansia, e descriverli in dettaglio è ben al di là dello scopo di questi brevi contributi. Possiamo dire comunque che stabilire quale potrebbe essere più efficace per un particolare paziente è un  compito delicato, da lasciare alla figura professionale che ha competenze psicoterapeutiche. Personalmente, adotto anche più approcci, anche in base a come il paziente reagisce ai primi colloqui, alternandoli con strategie nuove che sono molto efficaci per aiutarci a riconoscere quando un attacco d'ansia è imminente. Sempre praticando l'ascolto attivo ed empatico perché l'ansia, come ho già detto, è spesso associata a dolori antichi nascosti nella nostra psiche.

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